Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, scomparsa nel 1983 all’età di quindici anni, è stato ricevuto per la prima volta ieri in Vaticano, dove ha tenuto un colloquio di otto ore con il promotore di giustizia Alessandro Diddi. Al termine dell’incontro riservato, al quale ha partecipato anche il suo legale Laura Sgrò, Orlandi si è intrattenuto con i giornalisti, spiegando quali sono stati i contenuti trattati: Sono sereno, ho potuto verbalizzare nomi e cognomi di tutte le indagini fatte privatamente”, ha detto Pietro Orlandi. “Abbiamo parlato di tante cose – ha riferito -, della famosa trattativa Capaldo, del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia, degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso. Ho visto la volontà di fare chiarezza e non fare sconti”.

“Mi hanno ascoltato e hanno accettato tutto quello che avevo da dire, sottolineando che auspicano la massima collaborazione con la Procura di Roma e le altre istituzioni italiane”. “Sono state verbalizzate tutte le mie dichiarazioni. Ho fatto i nomi delle persone che secondo me dovrebbero interrogare – ha continuato Orlandi – anche di alti prelati e altri personaggi eccellenti. Da tre anni chiedevo di essere ascoltato. Questo è un momento importante perché a qualcosa deve portare, dopo le mie dichiarazioni ci devono essere delle risposte”.

“Il fatto stesso che il promotore abbia ricevuto da papa Francesco e dal Segretario di Stato il compito di fare chiarezza e non fare sconti a nessuno – ha sottolineato Pietro Orlandi – è significativo, se ci sono responsabilità, anche in alto, io non mi tiro indietro”.

Il magistrato “mi ha assicurato che le indagini andranno avanti sicuramente fino alla fine – ha spiegato ancora Pietro Orlandi -Anche perché sono cominciate da parecchio tempo. Ha detto ‘tu non sei il primo che ascoltiamo’, loro hanno già ascoltato diverse persone, hanno già dei documenti su cui lavorare. Ha detto ‘certo, tu ci hai aperto dei mondi nuovi con le cose che ci racconti'”.

“Ho ribadito il fatto – conclude Orlandi – che sono convinto che Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco siano stati e siano a conoscenza di quello che è avvenuto e forse c’è stato un cambiamento nella volontà e hanno deciso magari di fare chiarezza”.