Svolta nelle indagini riguardo la tragica fatalità che è costata la vita, nella notte tra sabato e domenica scorsi, alla giovane ragazza di Cinecittà. Sembrerebbe infatti che, nonostante l’esatta dinamica dell’incidente sia ancora da chiarire, le tracce ematiche riscontrate nell’auto porterebbero all’avallo dell’ipotesi secondo la quale, alla guida dell’autovettura al momento dello schianto, ci fosse Betty Sorsile, amica della madre della vittima e non, giustappunto, la madre della tredicenne, ovvero sia Giada Gerundo. Stando così le cose, infatti, la Procura della Repubblica di Roma, nella persona del Pubblico Ministero, Margherita Pinto, ha inserito, nel registro degli indagati, la Sorsile, con i capi di accusa di omicidio stradale e lesioni. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Il legislatore, infatti, parla chiaro: la legge numero 41 del 2016 recepisce in pieno l’articolo 589 bis del Codice Penale il quale, nei casi del genere, prevede un periodo di reclusione dai due ai sette anni. Certo, allo stato attuale occorre fare luce su molti punti oscuri. Perché, se l’incidente è avvenuto intorno alle due del mattino, i soccorsi sono arrivati due ore dopo? Perché il tratto di strada in questione – precisamente il tratto della via Laurentina all’altezza di Trigoria in via Giovanni Gutenberg, come da tempo segnalano i cittadini residenti – si trova in perenne stato di mancanza di adeguata illuminazione? Perché, dopo l’incidente, c’è stato un continuo scambio di accuse, tra le due donne, su chi fosse realmente alla guida dell’auto? Se entrambe sono state trovate negative ai test tossicologici e, delle due, solo la Sorsile, giudicata dall’alcooltest come “non negativa” in quanto, sempre secondo la legge, per il diritto penale la soglia di punibilità scatta dopo il raggiungimento dello 0,80 le circostanze che lasciano perplessi sono ancora molte. Ripercorriamone un attimo la dinamica a ritroso. Le tre donne si recano a cena ad Anzio – come giustamente sottolineato dal periodico di informazione “Il Clandestino” – e, sulla strada per il ritorno, forse complice l’asfalto sdrucciolevole causa le frequenti piogge degli ultimi giorni, oppure per un colpo di sonno improvviso, ma, soprattutto, a causa dell’alta velocità, la macchina perde il controllo della traiettoria, innescando una triplice carambola il cui risultato finale è l’espulsione, all’esterno, di tutte e tre le passeggeri. Impatto, purtroppo, fatale alla più piccola delle tre. La quale, però, sembrerebbe essere stata sprovvista, al momento dell’impatto, della protezione della cintura di sicurezza in aggiunta, finanche, al mancato rialzamento del sedile, previsto per chi non raggiunga i centocinquanta centimetri di altezza. Compito dei periti sarà quello di ricostruire l’accaduto, ponendo in essere l’accento e l’attenzione anche allo stato della macchina in questione, in quanto resterebbe da chiarire a chi fosse intestato il contratto di leasing e chi avrebbe realmente dovuto essere alla guida dell’auto quella notte. In tutto questo, l’unico dato certo è che una ragazza di soli 13 anni ha perso la vita. E di lei, purtroppo, rimane solo l’immagine di una scarpa sul ciglio della strada ed il dolore, straziante, di chi l’ha conosciuta e di chi l’ha vista, con un battito di ali, volare via così.

di Roberto Incanti