Il quartiere Trieste di Roma, diciassettesimo in ordine di toponomastica ma tra i più scenografici ed appassionanti della città eterna sta attraversando, in questo periodo, un’intensa opera di rifacimento delle alberature, spesso vetuste o talvolta persino malate, in alcune delle arterie più rinomate. Via di Villa Chigi, via di Priscilla, via Tigrè, sono solo alcune tra quelle interessate, che non vedevano interventi di siffatta caratura da oltre venti anni. Tutto questo dovrebbe essere applaudito ed incoraggiato; invece, sembrerebbe ci siano da registrare numerosi episodi di ribellione, da parte dei cittadini residenti, i quali addebiterebbero, agli organi istituzionali competenti in materia e, finanche, ai tecnici delle ditte operanti in loco negligenza, mancanza di comunicazione e mannaia collettiva, secondo loro, nei confronti delle malcapitate piante. Al netto di singole e circoscritte sfaccettature, non possiamo non evidenziare e rimarcare come, negli anni passati, non si siano arrecati forti disagi alla comunità locale, ed alla grande viabilità, in merito ai crolli di alberi – o parti di essi – nella strada forse più importante del quadrante, vale a dire Corso Trieste. Viene da se che non si ferma il vento con le mani. Già, proprio quel vento che ha cagionato tali assurde problematiche ad un impianto, come quello del verde pubblico, che per troppi anni è stato disatteso dalle vari amministrazioni, sia locali sia cittadine. Risulta importante il superamento, dopo lustri di stasi, dell’immobilismo generalizzato: nelle vie interessate gli alberi verranno curati oppure, nei casi più gravi, asportati e ripiantati con dei nuovi. Auspichiamo pertanto, terminata la fase transitoria straordinaria, che da ora in avanti la manutenzione ordinaria possa compiersi con intervalli di tempo minori e più regolari. Ognuno dovrà fare la sua parte: organi decisionali da un lato ma, finanche, per quanto concerne la cittadinanza residente, dimostrare che la sterile opposizione fine a se stessa porta solo ad incancrenire ulteriormente situazioni già precarie di loro. Per cui: più dialogo ma, soprattutto, più fattiva collaborazione, da parte di tutti.

Di Roberto Incanti