Insieme all’Odg, anche alcune sigle sindacali del settore, come Usigrai e Stampa Romana, oltre a Fnsi. D’Ubaldo: “Sui grandi temi che interessano la professione siamo tutti dalla stessa parte”

Si sono dati appuntamento questa mattina, martedi 8 novembre, davanti la sede del tribunale di Roma, i vari rappresentanti dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio e di varie sigle sindacali. Il motivo della protesta riguarda il Decreto sulla presunzione d’innocenza della controriforma Cartabia che oggi ha celebrato il suo primo anno di entrata in vigore. Il decreto in sé recepisce una direttiva Europea, limitando l’accesso e i contatti delle croniste e dei cronisti con le fonti, come ad esempio magistrati e pubblici ministeri che indagano su casi giudiziari di preminente interesse pubblico. In pratica con questa riforma i magistrati e/o le forze dell’ordine non possono rivelare i nomi delle persone indagate nei casi di cronaca. Cosi facendo verrebbe colpito il diritto dei cittadini ad essere informati. Mossi da questa motivazione i rappresentanti dell’ordine dei Giornalisti, nazionale e del Lazio, oltre che di alcune sigle sindacali come Usigrai, Stampa Romana, l’Ungp, la rete NoBavaglio, Articolo21 e altre associazioni si sono date appuntamento davanti alla sede del tribunale di Roma per un sit-in di protesta. Ma non solo, perchè alcuni gruppi si sono riuniti anche davanti alle sedi di altri tribunali del Lazio, come quelli di Latina, Frosinone e Cassino.

Tornando al sit-in di Roma, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio Guido D’Ubaldo, si è espresso cosi: «sui grandi temi che interessano la professione siamo tutti dalla stessa parte, quella del rispetto dell’articolo 21 della Costituzione» e poi aggiunge «ho già scritto al capo della procura per chiedere un incontro su questo tema, senza aver ricevuto risposta. Ma faremo di tutto – conclude – per portare avanti le rivendicazioni dei colleghi». Ha parlato invece di «errata applicazione» il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso che ha aggiunto che si tratta di un provvedimento «usato in maniera strumentale per impedire ai giornalisti e quindi ai cittadini di conoscere determinati fatti».

Alessia Marani, cronista de Il Messaggero di Roma e presidente del Fondo di previdenza complementare dei giornalisti italiani, ha invece detto che nel recepire la direttiva europea, «l’Italia ha partorito una norma che rende difficile se non impossibile verificare le notizie. Abbiamo il diritto e il dovere di raccontare ai cittadini cosa accade, ma in queste condizioni non è più possibile. Una cosa è non colpevolizzare una persona, altro è silenziare le notizie».

Dunque attraverso questa protesta i giornalisti, chiedono che questa norma venga modificata, perchè secondo la loro voce, “Parlare con i giornalisti non è reato, è democrazia”.