Anche il sindaco di Fiumicino si inserisce nella bagarre interna al Pd, lanciando l’assessore alla Sanità

Dopo Carlo Calenda anche Esterino Montino si inserisce per dire la sua – sempre via Facebook – per la corsa alla presidenza della Regione Lazio. Anche il sindaco di Fiumicino, lancia la candidatura di Alessio D’Amato e attacca tramite il social, l’attuale Governatore Nicola Zingaretti, il quale successivamente replicherà.
Montino si era inizialmente detto allibito dal fatto che Zingaretti non tenesse conto che D’Amato non fosse un nome proposto da Calenda, bensì uno di quelli in campo da luglio scorso e sostenuto da una parte autorevole del Pd. “La cosa che ancora di più mi stupisce – ha proseguito Montino nel suo post –  è che si faccia finta di nulla, come se fosse un marziano e non il nome migliore e più noto della sua stessa giunta. Che il segretario nazionale di un partito importante dica chiaramente e anche con una certa enfasi che D’Amato è il candidato più autorevole dovrebbe, prima di tutto, inorgoglire Zingaretti stesso. E invece l’attuale presidente preferisce biasimare o dare responsabilità ad altri della confusione imperante nel Pd regionale“.
Zingaretti aveva risposto a questo post, sempre attraverso la sua pagina Facebook, parlando di illazioni gratuite e ribadendo che lui personalmente, non aveva mai espresso critiche o attacchi nei confronti dello stesso D’Amato, definendolo uno dei suoi più stretti collaboratori. “Il mio unico obiettivo da sempre è costruire una coalizione la più ampia possibile e vincere. Questo si ottiene con il confronto plurale e solidale non con i diktat o le imposizioni per scegliere in piena libertà e autonomia la candidatura che insieme si riterrà più competitiva”. Aveva ulteriormente aggiunto il Governatore Dem.

Neanche la risposta di Montino si è fatta attendere: “Io non so a chi si riferisse Zingaretti con il suo post di ieri, ma bollare come ipocriti coloro che la pensano diversamente da lui è davvero troppo. Forse gli ipocriti sono i tanti dirigenti del Pd che da giugno scorso fingono di non vedere e di non sentire. Solo la voce di Calenda li ha svegliati, costringendoli ad uscire da quel silenzio pubblico che nasconde il solito lavorio correntizio che finirà per regalare ad altri la guida della sinistra. Questo nonostante i sondaggi ci confermino che D’Amato è il candidato più forte del centrosinistra e può fare la differenza in una fase senz’altro ancora più difficile del 2018 che ci ha visti vincere alla Regione grazie alla divisione del centrodestra“. Il Sindaco di Fiumicino, ha poi aggiunto: “In questi ultimi 5 anni il Lazio ha raggiunto risultati indiscutibili nella gestione della sanità e, in particolare, dell’emergenza Covid. E non lo dico io. Lo testimonia il fatto che l’assessore competente ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi e unanimi a livello nazionale e internazionale. Una su tutte, l’onorificenza al merito come ufficiale della Repubblica conferita dal presidente Mattarella, il 2 giugno 2021, proposta da Giuseppe Conte quando era ancora presidente del Consiglio. Ma questo, per i dirigenti del Pd, non vale nulla. Anzi, suscita persino una certa invidia.

Perché tutto questo? – si chiede ancora Montino – Due sono i motivi, a mio parere. Il primo è la non appartenenza ad uno dei gruppi di potere che governano il Pd Laziale. Essendo D’Amato non schierato, come molti di noi, non può essere idoneo ad un ruolo primario. Forse qualcuno pensa che sia meglio regalare la Pisana alle destre.

Il secondo motivo è legato al prossimo congresso nazionale del Pd: lo scontro, cioè, tra la visione di chi cerca a tutti i costi e a qualsiasi condizione l’alleanza con i 5 stelle e chi, invece, pensa soprattutto a ricostruire una identità e una strategia guardando ai contenuti, rivolgendosi a tutte quelle forze di sinistra e autenticamente riformiste che puntano a dare all’Italia un futuro più giusto, più libero e democratico. Il rinnovo della Regione Lazio è preso in ostaggio dalle dinamiche congressuali.
Anteporre gli schieramenti al merito – conclude lo stesso Montino –  è diventata ormai l’anticamera della fine. Un vero gruppo dirigente si deve misurare sulle scelte programmatiche, sui valori fondativi e identitari e sulla qualità delle persone chiamate a portarli avanti. Nessuno pensi di fare forzature autoritarie di fronte alle diversità di vedute. Il nostro statuto parla chiaro: si facciano le primarie, subito, di coalizione con tutte quelle forze libere e progressiste che non intendono consegnare il Lazio alle destre“.